Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/250

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atto primo 239


Prosp. Sì, di due stadii almeno; e quattro soli ce ne rimangono per l’opera.

Ar. Cure novelle? Ah! poichè a tanto mi sforzi, lascia ch’io ti rammenti le tue promesse.

Prosp. Spirito bizzarro, che vuoi tu domandarmi?

Ar. La mia libertà.

Prosp. Prima del tempo la vorrai? Non far ch’io t’oda più richiedermi di ciò.

Ar. Rammenta lo zelo con che io ti servii; rammenta la mia sommissione, la mia fedeltà. Un anno promettesti di sottrarre al tempo della mia servitù.

Prosp. Obblii tu da quali pene ti liberassi?

Ar. No.

Prosp. Tu l’obblii; e annoveri fra le tue grandi opere il correre sulle salse pianure del mare, il togliere le ali degli agghiacciati Aquiloni, il penetrar nelle viscere della terra, passando fra strati di gelo e di fuoco.

Ar. Oh, no.

Prosp. Menti, Genio maligno: e già dimenticasti l’orrenda Sicora, la decrepita strega, che gli anni e le colpe avean curvata in cerchio; la dimenticasti.

Ar. No.

Prosp. Ove era dunque nata? rispondi.

Ar. In Algeri.

Prosp. È ciò vero? Sono costretto di ricordarti ad ogni luna ciò che un dì fosti, e ciò che ognora obblii. Quell’empia strega fu, lo sai, sbandita da Algeri per molti malefizii che vi compiè, e per gli orrendi suoi sortilegi, che orecchio umano fremerebbe d’intendere. Per una valida ragione però se le lasciò la vita. Dimmi, è questo vero?

Ar. È vero, signore.

Prosp. Quella strega dall’occhio di piombo, allorchè fu qui condotta, portava un frutto nel suo seno; e tu, che oggi mi servi, eri allora uno schiavo. Troppo gentile per sottometterti a’ turpi suoi comandi, ti rifiutasti all’esecuzione delle sue tregende luride, e, per castigartene, nell’accesso di sua rabbia implacabile mendicò l’aiuto de’ suoi Genii più potenti, e ti costrinse entro il tronco d’un pino lacerato. Compresso nelle viscere dell’albero, fra inauditi strazii vi traesti la vita pel corso di dodici anni; e intanto la strega spirò, lasciandoti in quella prigione ove esalavi gemiti più frequenti che i colpi che la ruota del mulino batte sull’onda. Quest’isola allora non era abitata da alcuna creatura umana, se