Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/456

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atto quarto 69

affronta l’invisibile avvenimento esponendo una vita mortale e incerta a tutte le eventualità, alla morte, ai pericoli più tremendi per un pugno di terra, ne è uno. La grandezza non istà nel non oprar mai senza un gran motivo; sta invece nel trovare nobilmente un oggetto di contesa allorchè l’onore ne va di mezzo. Come mi ristarei io adunque qui immobile, io, che ho un padre assassinato, una madre contaminata, mille stimoli al mio ardire e alla mia ragione, scorrendo le ore immerso in un vil sonno; mentre, con mia vergogna, veggo la vicina morte di ventimila uomini, che, per un nonnulla, per una vana fama s’incamminano al sepolcro come a tepidi letti, combattendo per ragioni che la moltitudine non può apprezzare, per una terra non pure abbastanza vasta per nasconderli estinti? Oh! d’ora in poi i miei pensieri siano di sangue, o si disperdano!     (esce)

SCENA V.

Elsinoro. — Una stanza nel palagio.

Entrano la Regina e Orazio.

Reg. Non vo’ parlare con lei.

Or. Ella ve ne prega, e vuole assolutamente vedervi. È vero che la sua mente è alterata, ma compatir conviene allo stato violento della sua anima.

Reg. Che chiede da me?

Or. Parla molto di suo padre; dice che s’avvede che v’è frode nel mondo; singhiozza e si percuote il petto; calpesta sdegnosa i fiori del terreno, e proferisce parole che non han quasi senso. Il suo discorso è vuoto; e nullameno la forma strana di tal discorso fa nascere, in quelli che l’odono, il desiderio di ragunarne i frammenti per cercarvi l’idea che li informa. Al lampo de’ suoi occhi, ai movimenti del suo capo direbbesi che vi sono pensieri nelle di lei parole. Nulla vi ha di sicuro; ma nondimeno vi è abbastanza per dar loro un’interpretazione sinistra.

Reg. Sarà bene di favellarle; imperocchè potrebbe spargere pericolose congetture nelle anime che covano il male. Fate che venga. (Or. esce) Al mio spirito infermo (e tale è la natura del delitto) la più lieve circostanza sembra il presagio di qualche gran disastro; tanto una coscienza colpevole è piena di sospetti! Col lungo temere d’esser tradita ella si tradisce da sè.

(rientra Orazio con Ofelia)

Of. Dov’è la bella Maestà di Danimarca?