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132 coriolano


Men. Non l’irritate: sommettetevi, vi prego, alla consuetodine, e salite agli onori colle pratiche di quelli che vi han preceduto.

Marz. È atto che non potrei fare senza arrossire, e si dovrebbe toglier al popolo un tale spettacolo.

Br. Udite ciò?                                   (a Sic.)

Marz. Magnificarmi innanzi a lui! Dire: questo e questo ho fatto! Mostrar le margini, che vorrei tener nascoste, come se non avessi ricevute tante ferite che per esporle al suo alito infetto, o raccogliere il vil prezzo de’ suoi suffragi!

Men. A ciò non attendete. — Tribuni del popolo, a voi accomandiamo gl’intenti del Senato appo lui, ed auguriam gioia ed onore a Coriolano, nostro illustre console.

Tutti i Senatori. A Coriolano gioia eterna ed onore!

(squillo di trombe; tutti escono, tranne i Tribuni)

Br. Voi vedete quale condotta egli vuol tenere dinanzi alla moltitudine.

Sic. Possa questa penetrare i suoi intenti. Il voto ne chiederà con tuono, che ben le farà comprendere quanto disprezzi il potere ch’essa ha d’accordargli ciò che dimanda.

Br. Venite; andiamo ad istruirla delle cose che qui facemmo; so che ci aspetta nella piazza pubblica.     (escono)

SCENA III.

Il Foro.

Entrano parecchi Cittadini.

Citt. In breve, s’ei chiede il nostro voto, non dobbiam rifiutarglielo.

Citt. Ma bene lo potremmo, signore, se volessimo.

Citt. Certo, questo potere risiede in noi, ma è potere che non siam liberi d’esercitare; perocchè s’ei ne mostra le sue ferite, e ne racconta le geste che compiè, saremo costretti di baciar quelle cicatrici, e di prestar loro una voce. Sì, s’ei ci narra tutti i nobili suoi fatti, saremo tenuti di esporre la nostra riconoscenza, e di mostrarci a lui con onore. L’ingratitudine è vizio mostruoso; e quando il popolo fosse ingrato, sarebbe un mostro. Membri del popolo noi siamo, e diverremmo turpi per colpa nostra.

Citt. Ma per prender di noi tale idea, non avremmo mestieri che di rapportarcene a lui: imperocchè quando a cagione del