Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/655

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268 cimbelino

Postumo, perchè tutti io gli ho sorpassati, di tutti ho cancellato i delitti! Oh Imogène! mia sposa, mia vita, mia regina! Oh Imogène, Imogène, Imogène.

Imog. Calmatevi, signore: udite, udite...

Post. Tu insulti al mio dolore, insolentissimo paggio? lungi da me!     (la percuote; ella cade)

Pis. Soccorso, signori! soccorso! aiutate la mia e la vostra signora... Postumo, voi prima d’ora non avevate mai tolto la vita ad Imogène. Affrettatevi a sovvenire l’onorata donzella!

Cimb. Si muta il mondo innanzi a me?

Post. Ond’è mai ch’io divengo vacillante?

Pis. Rientrate in voi, mia dolce signora.

Cimb. Se è vero, io muoio di contento.

Pis. Aprite, aprite gli occhi, mia signora.

Imog. Oh! togliti dal mio cospetto! Tu, tu se’ che m’hai apprestato un veleno: lungi da me, uomo pericoloso! non respirare più l’aere che i principi respirano.

Cimb. La voce d’Imogène!...

Pis. Principessa, mi fulmini il Cielo se non è vero ch’io riputava salutare il liquore che vi ho dato; la regina me ne avea fatto dono.

Cimb. Quale altro mistero!

Imog. Egli mi ha avvelenata.

Corn. (a Pisanio) Oh Cielo! io aveva obbliata un’altra confessione della regina, che farà apparire chiara la tua onestà. — Se Pisanio, ella diceva, ha propinato alla sua signora la bevanda che sotto nome di cordiale io gli ho dato, ella sarà già a quest’ora dove vorrei che fossero tutti i malefici insetti delle nostre case.

Cimb. Che vuol dir questo, Cornelio?

Corn. La regina, signore, spesse volte mi fastidiva perchè le distillassi un qualche veleno, dichiarando volerne fare scientifici esperimenti sopra que’ vili animali a cui senza dolore si toglie la vita: io però, temendo che più malefìci non fossero i suoi disegni, avea composto per lei un liquore, che, bevuto, sospendeva per qualche ora gli uffici della vita, che rifacevansi poscia meglio di prima. (a Imogène) Avete voi forse assaggiato di quella bevanda?

Imog. Non può essere altrimenti, poichè venni creduta estinta.

Bel. (a Guiderio e Arvirago) Ecco, figli miei, ecco la causa del nostro errore.

Guid. Questi senza dubbio è Fedele.