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bero per lo più alle comuni ebraiche, come pure lo stesso, sebbene più moderato, De Rossi, il quale nei Prolegomeni da lui premessi alle sue varianti lezioni ammette il testo samaritano fra i legittimi fonti di cui far uso per l'emendazione del sacro Testo (Pars II. Canon b), e che nella prima parte di essi (§ 26) risguarda l'ebraico Codice ed il samaritano, siccome due diversi esemplari d'un medesimo originale, dei quali l'uno chiama antico, israelitico, antibabilonico, antiesdrino, inemendato, il quale è il samaritano; l'altro appella giudaico, palestino, esdrino, riformato, il quale è il nostro. Conciossiachè abbastanza si è da noi nella superiore analisi chiaramente potuto osservare, riformato e preteso emendato essere realmente il samaritano, nel quale tante apparenti irregolarità, oscurità, ambiguità e simili sono effettivamente tolte; e sincero e genuino ed intatto essere il Testo ebraico, nel quale tutte quelle anomalie e pretese scorrettezze esistono tuttavia. Il medesimo De Rossi nei canoni critici che formano la seconda parte degl'indicati Prolegomeni stabilisce (§ 38 e 39): Quaelibet lingua et actas suas habet anomalias et enallages ; nec omnes, nec semper grammatice scripserunt sacri auctores. Unde non temere rejicieda lectio anomala. Imo anomala lectio plerumque verior. Facillimum namque est anomalis analoga a scribis substitui, analogis anomala difficillimum. Da questi due saggi e giudiziosi canoni, si può e si deve con tutta certezza inferire, che vere ed originali sono le lezioni del Codice ebreo, anomale molte volte ed apparentemente scorrette; e che spurie ed adulterine son quelle del testo samaritano, che di tali irregolarità apparisce esente.

Ma avendovi, studiosi giovani, sì a lungo trattenuti in ragionarvi del Pentateuco samaritano, e specificarvi le classi, nelle quali le sue varianti lezioni vengono da Gesenio sagacemente distribuite; non vi dispiaccia ch'io ancora per alcuni