Pagina:SD Luzzatto - Commentary on Bereshit.pdf/52

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si erige in giudice della divina volontà, quasi che l'Ente supremo volere non potesse quelle cose che alla nostra ragione non piacerebbero. E cosa si direbbe di quel fisico, il quale negasse alla magnete la sua virtù, o all'anguilla del Surinam le sue sorprendenti proprietà per la ragione che siffatti fenomeni riescono per l'umano intendimento inesplicabili?

Basta adunque che una cosa sia a chiare note nel sacro testo espressa, e che non implichi in sè stessa contraddizione, perchè si debba da noi sommessamente ricevere, senza pretendere che paga ne resti pienamente la nostra ragione, inferiore di tanto alla ragione divina: כי כגבוה שמים מארץ כן גבהו דרכי מדרכיכם ומחשבותי ממחשבותיכם. È quindi d'uopo distinguere due diverse specie d'indagini nello studio della Scrittura: l'una è di scoprirne il senso formale, l'altra di rendere plausibile ragione delle cose significate. Preceder deve per ogni titolo la prima, la quale sola è nostro indispensabile dovere; la seconda esser deve sempre subordinata alla prima, e da quella ricevere norma e direzione. La prima non può mancare di sortire il suo intento, imperciocchè la legge ci fu data per essere da noi intesa ed osservata: כי קרוב אליך הדבר מאד בפיך ובלבבך לעשותו. La seconda mancar può di conseguir il suo scopo, conciossiachè nelle cose divine il come ed il perchè non è molte volte necessario che da noi si sappia, ed è anche talvolta impossibile che da noi si comprenda. Si arresterebbe alla prima linea del sacro Codice, chi pretendesse d'ogni cosa in esso narrata rendere a sè stesso ragione, e si arresterebbe immobile, senza mai alla seconda linea passare; mentre la creazione è, e sempre sarà inespicabile alla umana ragione, la quale è pur costretta a ricevere questo dogma, sotto pena di doverne ricevere uno assai più inconcepibile, ed anzi assurdo, ch'è quello dell'eterna fortuita esistenza di tutte le organizzate cose.