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232 al polo australe in velocipede


— E non possiamo curarlo?

— Ho conservato gelosamente delle pastiglie di calce e due patate, ma sarebbero necessari dei vegetali freschi, delle frutta acide come limoni od aranci, un nutrimento succoso, delle infusioni di salvia per le gengive e del vino vecchio o dei liquori. Dove trovare questi in mezzo ai ghiacci del polo? Bisognerebbe raggiungere la capanna ed invece distiamo ancora ottocento miglia.

— Ma cosa avverrà di noi, se rimarremo qui parecchi giorni? I viveri stanno per mancare, signore. Bisogna assolutamente partire.

— Ma il nostro disgraziato compagno?

— Faremo una lettiga. Possiamo unire due biciclette coi pezzi della terza e formare un ruotabile che noi spingeremo.

— È vero, Blunt. Al lavoro senza perdere tempo: forse non siamo ancora perduti.

Mentre il loro compagno, affranto dal male che lo aveva assalito e dalle fatiche, dormiva sotto la tenda, Wilkye e Blunt si erano messi animosamente all’opera.

Smontata una bicicletta, che ormai non era di alcuna utilità, quantunque non possedessero che pochi attrezzi, riuscivano dopo un lavoro di parecchie ore ad accoppiare le altre due. Dopo d’averle private dei manubri e di parte delle sterze formarono una specie di lettiga, sopra la quale stesero le loro pelli d’orso e le coperte.

Privandosi delle biciclette, la loro marcia doveva diventare infinitamente più lenta, ma almeno potevano condurre con loro il disgraziato Peruschi, senza essere costretti a trasportarlo sulle loro braccia.

All’estremità della lettiga appesero le loro scarse provviste e attesero l’indomani per riprendere il cammino verso la costa.