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54 al polo australe in velocipede


coste pericolose e poco conosciute ed affrontare la natura irritata in pieno oceano. Là, almeno, aveva un solo nemico da sfidare.

Linderman e Wilkye erano saliti in coperta e guardavano con occhio tranquillo le ondate che correvano all’assalto della goletta. Bisby era con loro, ma il povero negoziante di carni salate aveva perduto la sua calma. Guardava con ansietà il cielo che sempre più si oscurava, impallidiva ogni volta che la Stella Polare s’inclinava sul tribordo o sul babordo, si attaccava con suprema energia alle murate allargando per bene le gambe, profondi sospiri gli uscivano di tratto in tratto e pareva che avesse la lingua incollata al palato.

Aveva però energicamente rifiutato di ritirarsi sotto coperta e non aveva nemmeno deposto il suo cappello a cilindro, malgrado quei furiosi colpi di vento.

Il mare intanto montava sempre: pareva che l’oceano Antartico e l’oceano Atlantico volessero misurare le loro forze e cimentarsi in una lotta titanica, mostruosa. Ondate alte dieci e perfino dodici metri, causate dai cosiddetti flutti di fondo, si rompevano con furore estremo contro le coste della Terra del Fuoco e ritornavano al largo più irate di prima, prendendo in mezzo la Stella Polare.

Passavano bruscamente sotto la chiglia sollevando impetuosamente la goletta e scuotendola come fosse una semplice piuma, ribollivano come se il fondo dell’oceano si fosse tramutato in una caldaia ardente e si slanciavano sui capi di banda inondando la coperta da prua a poppa.

Il vento, ormai scatenato, ululava fra il sartiame e scuoteva i boscelli, i cordami e gli alberi, mescendo le sue urla ai muggiti dei marosi e al frangersi dei ghiacci.