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62 al polo australe in velocipede


Un altro pericolo però minacciava la Stella Polare: era il continuo incontro di banchi di ghiaccio. L’uragano doveva imperversare anche sulle coste delle terre polari e doveva aver staccato numerosi ghiaccioni, i quali salivano verso il nord trasportati dalle onde e dal vento.

Erano ancora piccoli quelli che s’incontravano, ma non dovevano tardare a comparire i grossi, i veri ice-bergs e gli ice-fields. La Stella Polare di quando in quando urtava contro dei palks e degli streams di notevole spessore e non li spezzava che con grande fatica e subendo tali urti che gli uomini stramazzavano spesso sul ponte.

Il capitano Bak aveva dovuto rallentare la velocità della goletta per non danneggiare lo sperone, ed aveva mandato due marinai sulle crocette, per evitare a tempo i grossi banchi.

Ad un tratto però, verso le quattro del mattino, quando cominciava a calare sul procelloso oceano un denso nebbione, avvenne a prua un urto così violento, da far retrocedere la goletta e far cadere sul ponte molti marinai.

Quasi subito, fra i muggiti delle onde e gli urti dei ghiacci, si udì echeggiare una nota acuta, potente, che pareva emessa da un enorme tubo di bronzo.

— Cosa succede! chiese Wilkye, alzandosi prontamente.

— Abbiamo urtato contro un banco forse? chiese Linderman al capitano Bak che correva verso prua.

— No, signore, rispose questi. Il colpo sarebbe stato più violento e.....

Un’altra nota acuta, potente più della prima, s’alzò fra le onde e una montagna d’acqua si rovesciò sulla prua.

— Del sangue! esclamò una voce.

— Del sangue? chiesero Wilkye e Linderman.

— Che l’oceano sia diventato vino? disse Bisby, che