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i mangiatori d'oppio 101

delle bellissime pellicce innanzi a tutto, — disse Fedoro. — In questa regione e anche nella vicina Manciuria, migliaia e migliaia di famiglie vivono con questa curiosissima industria. I cani appartengono a una bella razza, fornita d’un manto finissimo, che tiene più caldo della lana dei nostri montoni e che viene adoperato nella confezione di pelliccie di valore. Per avere un buon mantello non occorrono meno di otto animali e si vende in media a diciotto lire, qualche volta anche a venti.

— Due lire per cane! Poca cosa, Fedoro.

— E non conti la carne?

— Puah!...

— Si fa una immensa esportazione di prosciuttini di cane, che sono molto stimati dai cinesi e che si vendono anche cari, specialmente se sono grassi. Come vedi, è un’industria produttiva.

— Capitano, — disse Rokoff — non fatevi servire alcun piatto del paese. Quel tartaro sarebbe capace di portarci qualche strano manicaretto di carne canina.

— Ci tengo più ai nostri fagiani e alla nostra anitra, — rispose il comandante ridendo. — Non amo nè topi, nè cani.

— Ah!... — disse ad un tratto Rokoff. — Non ci aveva detto il tartaro d’avere degli amici nella sua casa?

— Sì, — rispose Fedoro.

— Che dormano? Io non odo alcun rumore e non vedo che il nostro ospite passare e ripassare dinanzi alla porta.

— È vero, — disse il capitano, colpito da quella osservazione.

— Andiamo a vedere se ha mentito o se i suoi amici sono scomparsi sotto terra. —

I tre cacciatori s’avvicinarono alla casa e s’affacciarono alla porta.

Il tartaro aveva spennato i tre volatili e li aveva messi già ad arrostire, infilati in una corta lancia.

Non aveva però mentito dicendo di avere nella sua casa degli amici. In un angolo, il più oscuro della stanza, si vedevano seduti o meglio semisdraiati su una stuoia, cinque individui pallidi, trasfigurati, colla pelle dei volti grinzosa, gli sguardi istupiditi, il naso affilato.

Si tenevano gli uni addosso agli altri e tremavano come se fossero assaliti da una forte febbre, mentre i loro petti si alzavano con un rantolo strano che aveva qualche cosa di lugubre.

Uno pareva che fosse morto od addormentato e dalle sue labbra, agitate da un tremito convulso, sfuggiva una bava giallognola, la quale si spandeva fino sulla stuoia.