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10 capitolo primo

cinture di seta ricamata in oro. Un momento dopo il gigantesco tam-tam, sospeso sopra la porta, echeggiava con fracasso assordante, annunciando al padrone della splendida dimora una visita importante.

— È per noi che fanno tanto rumore? — chiese Rokoff.

— Sì, — rispose Fedoro.

— Avrebbero fatto meglio a risparmiarsi questa musica che sfonda i timpani degli orecchi.

— Rokoff! Tu diventi brontolone, — disse Fedoro celiando.

Un cinese, un maggiordomo di certo, obeso come un ippopotamo, tutto vestito di seta rossa a fiori bianchi ed a lune sorridenti, che traballava grottescamente sui suoi zoccoli quadrati dall’alta suola di feltro, s’avanzò verso i due europei e s’inchinò profondamente incrociando le mani sul petto e muovendo graziosamente le dita, salutandoli con un cordiale:

Tsin!... Tsin!...

— Ecco un uomo che deve mangiare delle grasse galline o per lo meno delle oche, — mormorò il cosacco. — Si deve star bene in questa casa del signor San... San... Pung... che il diavolo se lo porti.

— Siete voi gli europei che il mio padrone aspetta? — chiese.

— Sì, — rispose Fedoro, il quale comprendeva benissimo il cinese. — Io sono Fedoro Siknikoff, rappresentante e comproprietario della casa di esportazione di the, Siknikoff e Bekukeff di Odessa.

— E l’altro? — chiese il maggiordomo, guardando il cosacco.

— Un mio amico.

— Seguitemi: ho ricevuto ordini a vostro riguardo. —

Fedoro mise in mano al monello un tael, somma ragguardevole in Cina dove un operaio, lavorando dall’alba al tramonto, non guadagna più di sessanta centesimi, e seguì il maggiordomo in un superbo vestibolo scintillante di luce per la moltitudine di lanterne di seta che coprivano il soffitto.

Attraversarono in seguito parecchie gallerie, colle pareti coperte di arazzi meravigliosi rappresentanti draghi vomitanti fuoco e gru e cicogne in gran numero; passarono in mezzti a paraventi di seta di tutte le tinte, leggiadramente ricamao ed entrarono finalmente in una stanza illuminata da una gigantesca lanterna coi vetri di madreperla e che spandeva una luce diafana, del più sorprendente effetto.