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e cingendolo colla proboscide sopra il dorso, in meno che lo si dica lo rovesciò come se fosse stato un semplice capretto.

Il rinoceronte fu però lesto a balzare in piedi, e con una mossa quasi fulminea, si sottrasse al colpo di proboscide che stava per piombargli sul cranio.

Proprio in quel momento giungeva il compagno. A sua volta caricò il gigante, ma ricevette invece la formidabile sferzata destinata all’altro.

Il colpo fu così violento che sembrò uno scroscio di fulmine. L’intrattabile animale si piegò sotto la sferzata, emettendo un rauco urlo, poi piroettò su se stesso e cadde come se fosse stato stordito. L’elefante gli piombò addosso senza esitare. La terribile tromba per la seconda volta s’abbassò fischiando, percuotendo il caduto sul cranio, poi il gigante, alzandosi sulle zampe posteriori, si lasciò cadere di peso.

S’udì uno stritolìo come di ossa infrante, seguìto da un urlo furioso, ed il rinoceronte, schiacciato come una semplice nocciuola malgrado la sua massa, calpestato in tutti i sensi dai larghi piedi del furibondo vincitore, si distese esalando l’ultimo respiro.

– Tuoni!... – esclamò il soldato, che aveva seguìto attentamente le varie fasi di quell’omerica lotta. – Che marmellata!...

– Un animale pericoloso di meno – disse il signor Held. – Preferisco che muoiano i due rinoceronti, piuttosto che l’elefante.

– Quel briccone è scoppiato come un otre – disse Lando. – Che zampe!

– Ma dov’è l’altro rinoceronte? – chiese Dik. – Non lo vedo più.

Proprio in quell’istante si vide l’elefante inalberarsi come un cavallo sotto una furiosa speronata e lo si udì a lanciare un barrito che aveva qualche cosa di straziante.

Una massa oscura erasi improvvisamente lanciata fuori dai bambù e lo aveva urtato sul fianco sinistro, poi era rientrata precipitosamente nella macchia.

– Il rinoceronte lo ha colpito!... – esclamò Held.

– A morte? – chiese Amely.

– Certo.

Era vero: il rinoceronte, che spiava l’avversario tenendosi na-