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i naufragatori dell'«oregon» 51


– Vuoi rimanere qui o tentare la sorte sulla zattera?... – le chiese poi a voce alta.

– Se voi rimanete, noi non vi abbandoneremo.

– Temo assai per la zattera, Amely.

– Allora resteremo sull’Oregon. Dio veglierà su di noi.

– E poi, signorina – disse O’Paddy, con voce insinuante – se la nave dovesse correre un serio pericolo, penserò a radunare per tempo dei rottami e fabbricare una zattera migliore e più sicura. Ho con me un malese che non ha l’eguale in tali costruzioni.

– Ci affidiamo a voi, signore – disse l’ex-ufficiale.

– Ed io vi salverò – rispose O’Paddy. – Aier-Raja!...

Il malese, che non si trovava lontano, fu sollecito a comparire.

– Credi tu che la zattera dell’equipaggio possa resistere? – gli chiese l’irlandese.

– No, padrone – rispose il malese. – Il mare la sfascerà e spazzerà via tutti gli uomini che la montano.

– Udite signore? – disse O’Paddy, rivolgendosi al signor Held. – Anche il mio malese prevede lo stesso pericolo.

– Ma approdando noi sulle selvagge sponde del Borneo, potremo poi trovare il modo per continuare il viaggio, signor Held? – chiese Amely.

– Dove eravate diretti? – domandò O’Paddy.

– A Kupang, nell’isola di Timor – rispose Held.

– Per un viaggio di piacere?

– No, per raccogliere una eredità enorme, una cinquantina di milioni.

– Fulmini di Giove!... Cinquanta milioni!...

– Che spettano a questi due ragazzi.

– Ma non siete un loro parente voi?

– No, un vecchio amico del loro padre, che li ha affidati a me prima di morire.

– Quando si devono intascare cinquanta milioni, non si deve morire. Lasciate pensare a me e vi prometto di farvi toccare terra.

– Se lo fate, signore – disse Amely – vi prometto di indennizzarvi della perdita della vostra nave.

– Non parliamo di ciò, signorina – disse O’Paddy. – Noi, gente di mare, cerchiamo di rendere dei servigi, quando possiamo, senza interesse.