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i naviganti della meloria 91

da un titano, poi s’aprirono con uno scroscio orrendo, franando le une addosso alle altre.

— Il terremoto!... — aveva urlato il signor Bandi.

— Si salvi chi può!... — aveva gridato padron Vincenzo, tentando di slanciarsi all’aperto.

— Fermi tutti! — urlò Michele. — La caverna non ha ceduto.

— Ma le lave montano!

Vincenzo si era già slanciato fuori dal rifugio, poi era subito rientrato coi lineamenti sconvolti dal terrore.

— Noi siamo perduti!... — esclamò con voce strozzata. — Guardate!...


XI.

Il fiume di fuoco.


La tremenda scossa non era stata bastante per demolire interamente la grande galleria; però, se le enormi pareti di marmo avevano potuto resistere a quel formidabile sconquasso e mantenersi ancora più o meno diritte, tutta la parte che formava l’entrata era precipitata assieme alle ultime vôlte.

Quell’enorme massa di materiali, accumulandosi, aveva ostruita completamente la via che conduceva al lago, formando un argine insuperabile alle lave.

Il fiume di materie ardenti, troncato a metà dopo un orribile rimescolamento, aveva cominciato a rifluire verso l’abisso, alzandosi gradatamente verso le vôlte.

Essendo la spaccatura del vulcano assai più alta del piano della caverna, vi era da temere che le lave potessero giungere fino al ricovero degli esploratori, prima di riversarsi ancora nell’abisso che le aveva vomitate.

Il dottore, con un solo sguardo, aveva compresa la gravità della situazione.

— Sì, siamo perduti — aveva risposto a padron Vincenzo. — Se non troviamo una via d’uscita, le lave giungeranno ben presto qui e ci bruceranno vivi.

— Che non si possa giungere allo sbocco della galleria? — chiese Michele.

— Ormai è tutta turata.

— Vi può essere qualche buco, signore.