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206 Capitolo Ventinovesimo.

— Non vi sono che dei gruppi d’alberi, — rispose Sao-King. — Continuiamo invece la corsa, signor Ioao. Forse il vascello non è lontano. —

I selvaggi, divorata ingordamente la colazione, si erano rimessi in caccia. L’arrosto doveva aver stuzzicato in loro l’appetito e ne desideravano ora un altro di carne bianca o gialla.

Nondimeno non s’affrettavano troppo nell’inseguimento. Certi ormai di prendere presto o tardi i due fuggiaschi, si accontentavano pel momento di non perderli di vista.

Forse non osavano stringerli troppo, temendo di ricevere qualche scarica di fucile, armi che li spaventano assai.

Il chinese e Ioao, non avevano rallentata la loro corsa. La spiaggia era diventata migliore al di là del fiumicello, non essendovi più dune sabbiose, ma solamente ammassi d’alghe e pochi cespugli.

Vedendo a circa un chilometro rizzarsi un cumulo di rocce tagliate a picco sul mare, risolsero di raggiungerle al più presto, certi di poter meglio resistere lassù che su quel lido sabbioso e senza ripari.

Li guidava inoltre verso quel luogo la speranza di poter scoprire, da quell’altura, il vascello.

I selvaggi quasi si fossero accorti dei loro progetti, avevano pure raddoppiata la corsa urlando e minacciando colle loro scuri di pietra e colle loro lance.

Essendo agilissimi quantunque di corporatura tutt’altro che magra, se non guadagnavano terreno nemmeno ne perdevano.

Sao-King vedendo che non si decidevano a lasciarli in pace, incoraggiava incessantemente Ioao.

— Presto, signore, — diceva con voce rantolosa. — Se vi arrestate non sfuggiremo allo spiedo perchè quei selvaggi sono antropofagi.

Il giovane peruviano faceva sforzi sovrumani, ma indebolito dalla traversata della sera e anche molto meno resistente del chinese, si sentiva esausto e non manteneva la distanza che con grande fatica.

— Sao-King, un solo momento di sosta, — disse, quando giunsero alla base di quel gigantesco cumulo di rocce. — Non ne posso più e mi pare che il cuore mi si spezzi.

— È impossibile, i selvaggi cominciano a guadagnare, — rispose il chinese. — Vi riposerete quando saremo giunti sulla cima.

Su, animo! —

Con uno sforzo disperato s’aggrapparono alle rupi e si misero a salire, mentre i canaki, quantunque lontani ancora più di cento metri, si provavano a lanciare le loro scuri di pietra, con esito negativo.

Il chinese aiutava validamente il giovane, anzi si può dire che lo trascinava, afferrandolo ora per un braccio ed ora per l’altro.

Finalmente con un ultimo slancio giunse sulla cima delle rocce.

Un grido gli sfuggì subito dalle labbra.