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Un uomo gelato vivo 125


Non si dibatteva più: il freddo intenso aveva ormai paralizzate le sue membra. I suoi occhi, che avevano bagliori fosforescenti, si erano fissati spaventosamente in quelli dell’atman, senza però produrre alcun effetto sull’animo del formidabile bandito.

Ad un tratto Pugno di ferro, dietro un cenno del capo, chiuse i rubinetti.

L’intendente aveva l’acqua fino alla gola.

Il ghiaccio si formava rapidamente, chiudendo il disgraziato come entro un astuccio.

Le grida erano cessate: non si udiva altro che il respiro affannoso dell’agonizzante.

I sei Hoolygani, sempre impassibili come blocchi di granito, guardavano tranquillamente l’acqua a solidificarsi.

Di quando in quando i cristalli si spezzavano sotto una brusca scossa di Stossel, ma poi il freddo intensissimo, che regnava sopra quella notte nebbiosa, tornava a saldarli.

Trascorsero cinque minuti, lunghi come secoli, poi la testa dell’intendente si piegò lentamente verso la spalla sinistra e lo sguardo sfolgorante si spense improvvisamente.

— La vendetta della gaida è compiuta, — disse l’atman. — Andiamo. —

Attraversarono silenziosamente il giardino e raggiunsero la porticina. Olga era là ad aspettarli.

— Finito? — chiese la ragazza, con indifferenza.

— Finito, — rispose l’atman.

Salirono sulle troike, ed i cavalli, poderosamente sferzati, scomparvero rapidamente nel nebbione.