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294 Capitolo VI.


— Tanto vale ammazzare quel cetaceo con una cannonata o con una delle tue formidabili bombe.

— No, perchè desidero fare un esperimento.

— Quale?

— Te lo dirò poi. Diamine, viaggio un po’ anche per studio, — disse Ranzoff. — Siamo pronti, Ursoff?

— Quando vorrete, signore. —

Il timoniere invece di caricare, nel piccolo pezzo d’artiglieria un obice, vi aveva cacciata dentro una lunga asta di ferro, la quale terminava in una larga lama di forma quasi triangolare, coi margini esterni affilatissimi e quelli interni, ai due lati del manico, molto larghi e spessi.

Era il rampone moderno, già in uso da parecchi anni fra i balenieri, specialmente norvegiani.

Ranzoff fece introdurre la bocca del pezzo nella larga cubia di prora, ciò che gli permetteva di ottenere un angolo assai basso, e mirò attentamente il cetaceo, il quale continuava a nuotare tranquillamente a fior d’acqua, inghiottendo quintali e quintali di granchiolini di mare, la famosa zuppa delle balene, che non si trova solamente nei mari artici ed antartici come generalmente si crede.

Pascolava colla medesima tranquillità d’una mucca, senza troppo preoccuparsi del balenottero il quale si divertiva a girarle intorno, ora scomparendo ed ora riapparendo per strofinare il suo largo muso sul corpo vellutato della madre.

— Povera bestia, — disse Fedoro. — Meriterebbe che si risparmiasse.

— Un altro, domani o fra una settimana, la ucciderebbe egualmente, — rispose Ranzoff, — e quell’altro forse non è a corto di viveri come noi. La necessità non ha legge pel navigante, così del mare come dell’aria. —

Si era curvato sul pezzo, correggendo per la seconda volta la mira, mentre Ursoff disponeva lungo la balaustrata di babordo la grossa fune incatramata che era attaccata all’estremità della lancia con due o tre metri di catena, perchè la polvere non la incendiasse.

Pochi istanti dopo, una detonazione, piuttosto debole, rimbombò a bordo dello Sparviero. Ranzoff aveva fatto fuoco.

Il lungo dardo partì fischiando, svolgendo la lunga fune con rapidità fulminea e s’immerse nello strato grasso del cetaceo, un po’ a destra della pinna dorsale, scomparendo più che mezzo.

— Colpita!... — gridarono ad una voce Rokoff ed i suoi compagni.