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344 Capitolo XI.

CAPITOLO XI.

Wanda.

Quattro ore dopo, mentre la luna cominciava a sorgere cospargendo l’oceano di miriadi di pagliuzze d’argento, il piroscafo si metteva in moto avviandosi verso l’isolotto.

Oltre gli arruolati non vi erano a bordo che Ranzoff, il cosacco ed il prigioniero. Tutti gli altri erano rimasti sullo Sparviero, volendo il capitano agire da solo.

Certo qualche buona idea doveva averla, a giudicare con quale calma fumava il suo sigaro seduto sulla murata del castello di prora, a qualche passo dal piccolo bompresso.

Rokoff gli stava a fianco, fumando invece la sua enorme pipa di porcellana e sembrava del pari tranquillo. Qualche avventura arrischiata doveva aver ammansato il terribile figlio delle steppe del Don.

La nave, dotata di macchine potentissime, filava a tutto vapore i suoi diciotto nodi, senza aver bisogno di ricorrere al tiraggio forzato.

Sul ponte i canadesi stavano raggruppati lungo le murate, chiacchierando sommessamente. Non erano però più riconoscibili, poichè avevano lasciate le loro casacche di pelle di daino, gli alti stivali, i loro cappellacci ed i loro calzoni filettati in azzurro, per indossare dei costumi marinareschi russi: casacche rosse fiammanti, ampi calzoni di panno oscuro, pesanti stivali di mare e berrettini con una nappina nel mezzo.

Anche il piroscafo aveva, per così dire, cambiato pelle, poichè a poppa sventolava, invece della bandiera inglese quella russa colle aquile.

Bastarono due ore al velocissimo piroscafo per attraversare la distanza che lo separava da Ascensione. Cominciava ad albeggiare, quando affondò risolutamente le sue ancore in mezzo alla piccola baia occupata, pochi giorni prima, dalla torpediniera d’altomare del barone di Teriosky.

— Sparate un colpo di cannone! — gridò Ranzoff. — Svegliamo quegli ubbriaconi. —