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352 | Capitolo XI. |
— Mi cercano: dove fuggire? È necessario prendere una decisione. —
Stette alcuni istanti silenzioso, poi riprese, guardando Ranzoff:
— Che cosa vogliono dunque quei miserabili?
— La signorina, — rispose il capitano dello Sparviero.
— Chi ve lo ha confidato?
— Vostro figlio.
— Mai!... Mai!... Sarebbe come se mi strappassero la vita!... — urlò il barone. — È rapida la vostra nave?
— Fila diciassette nodi all’ora.
— Sicchè in cinque o sei giorni e fors’anche meno si potrebbero toccare le coste occidentali dell’Africa?
— Lo spero, signor barone.
— Tornate a bordo, se vi piace: vi farò conoscere la mia risposta domani a mezzodì. Ho bisogno di riflettere molto.
— La via è lunga, signore, e non abbiamo dormito la notte scorsa, — disse Ranzoff. — Vorreste concederci di rimanere qui, finchè vi sarete deciso? Siamo fedelissimi marinai della Compagnia Teriosky. —
Il barone lo guardò un po’ sorpreso poi, facendo un gesto vago, disse: — Avete ragione, sono qualche volta uno stupido. Rimarrete qui e pranzerete coi miei uomini.
Vi sarà data una stanza e avrete tabacco e liquori finchè vorrete. Ci rivedremo questa sera se ne avrò il tempo. Demidoff!... —
Il quartiermastro, il quale si trovava certamente a breve distanza, fu pronto a mostrarsi.
— Conduci questi signori in una delle nostre stanze, possibilmente la migliore, — disse al lupo di mare. — Sono miei ospiti, bada perciò di non far mancare loro assolutamente nulla. —
Ciò detto uscì dalla sala, dopo aver fatto colla destra un saluto a Ranzoff ed al cosacco.
— Seguitemi, — disse il burbero quartiermastro.
— Dove ci conducete? — chiese Ranzoff.
— In una delle nostre stanze, dove vi troverete benissimo, come se foste a Pietroburgo, poichè il signor barone ama il lusso ed i comodi della vita.
— Andiamo, — disse il capitano dello Sparviero, volgendosi verso Rokoff.
Il quartiermastro aveva alzata una tenda, introducendo i due amici