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Il Re dell'Aria 77


— I vostri ordini, signore, — disse Liwitz.

— Per questa notte ci penseremo noi, — disse il capitano. — Domani tu ci darai la massima velocità.

Mi preme di giungere a Pietroburgo e rivedere i nostri vecchi amici, quell’originale Rokoff ed il suo simpatico amico Fedoro.

Sono certo che avranno delle preziose informazioni da darci sul barone di Teriosky.

— Posso spingere lo Sparviero a cento chilometri all’ora, signore.

— Non ti domando di più. Va a riposarti ora, mio bravo ragazzo. Hai faticato abbastanza e devi essere stanco.

— Non dico di no. —

Il capitano lo congedò con un gesto piuttosto brusco, poi riprese la passeggiata, fermandosi sul castello di prora, dinanzi al piccolo pezzo d’artiglieria.

In fondo al tenebroso orizzonte brillavano alcuni punti luminosi, che sembravano lucciole vaganti sul mare, che ora comparivano ed ora scomparivano, offuscati forse dalla neve che con una simile notte doveva cadere abbondantissima sulle estreme coste della Siberia orientale.

— Quei fanali rischiarano senza dubbio Alessandrowks, — mormorò il capitano. — Siamo sulla buona rotta. —

Ritornò verso poppa, prese, passando presso la macchina, un pesante mantello di feltro quasi impermeabile, gettandoselo sulle spalle, poi si curvò sulla bussola che era illuminata per di sotto, osservandola attentamente.

— Benissimo, — mormorò poi, sedendosi su uno sgabello e riaccendendo il sigaro che aveva lasciato spegnere. — Faremo una prima punta verso il Baikal, una seconda su Tomsk.

Non si sa mai. Sulla Wladimirka1 si può sempre incontrare qualche colonna di politici da liberare. —

Si avvolse strettamente il mantello attorno al corpo, alzò il cappuccio foderato di pelo e parve s’immergesse in profondi pensieri.

Lo Sparviero, guidato dal marinaio di guardia, continuava intanto la sua corsa fulminea, con un rombo sonoro.

Il fuso attraversava lo spazio colla sicurezza d’un condor, volando fra fitte nuvole di nevischio. Di quando in quando qualche raffica violentissima e freddissima lo investiva, facendolo deviare ed inchinandolo verso babordo, ma subito riprendeva il suo equilibrio e la sua

  1. La via battuta dai forzati siberiani.