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134 | emilio salgari |
«Una lotta tremenda s’impegnò. Si battevano coi fucili, colle pistole, coi kandjar, coi pugnali, e fra gli spari udivo la terribile voce di tuo padre che tuonava:
«— Uccidete i traditori!... Coraggio, miei prodi!...
— Ah! — esclamò Nadir, scattando in piedi cogli occhi in fiamme. — Perchè non potevo accorrere anch’io in suo aiuto!... Infami!... Ed io sono vivo!...
Uno scroscio di pianto soffocò la sua voce. Anche la giovinetta piangeva in silenzio.
— Continua, Mirza — disse il giovanotto, tergendosi con una specie di rabbia le lagrime.
— Tre volte i traditori furono ributtati da quel pugno di valorosi guidati da tuo padre e dal khan di Irak-Adjem, ma finalmente irruppero come una fiumana nel padiglione. Mi ricordo di aver udito urla feroci, poichè io ero nel giardino, grida strazianti di donne; poi vidi volare dalle finestre delle teste umane e quindi alzarsi delle vampe.
«In mezzo al fumo, fra lo scrosciare dei legnami ardenti, fra i vortici di fumo e i nembi di scintille, udii ancora degli spari e vidi degli uomini combattersi ferocemente fra le pareti crollanti, poi il padiglione si sprofondò con immenso fracasso, seppellendo sotto le macerie amici e nemici. Uno però era stato tratto vivo dalle fumanti rovine, e quel disgraziato era tuo padre.»
— Infami! — ripetè Nadir. — E tu non vuoi che io lo vendichi?
— A suo tempo i traditori morranno — rispose Mirza.
— Prosegui — disse Nadir.
— Tuo padre, carico di catene come un malfattore, fu da tuo zio condotto a Chiras e consegnato al feroce Mehemet, il quale dapprima lo fece accecare, poi, quando entrò nella capitale, se lo condusse dietro facendolo beffeggiare dal popolaccio.
— E quest’uomo vive ancora? — gridò Nadir, piangendo di rabbia.
— È lo sciàh che regna a Teheran.
— Ed io che l’ho veduto non l’ho ucciso!...
— Lo sventurato tuo padre, gettato in una prigione, visse alcuni mesi, poi Mehemet lo fece assassinare assieme a tutti i suoi parenti1.
- ↑ Storico.