Pagina:Salgari - Il re della prateria.djvu/178

Da Wikisource.
172 parte ii. — la grande prateria degli apaches.

— Comincio a temere che qualche grave motivo spinga innanzi queste mandrie. Non vedete come affrettano la corsa?

— Che siasi incendiata la prateria verso il sud-ovest? — chiesero gli arrieros, che faticavano a mantener ferme le mule.

— Qualche cosa di peggio, — rispose il messicano. — Mi pare di aver udito delle grida.

— Dove?

— Verso il sud-ovest.

— Che gli Indiani caccino i bisonti? — chiese il marchese.

— Lo credo, señor; orsù al galoppo!... —

I nove cavalieri fecero un brusco voltafaccia e si slanciarono verso il nord, passando fra due immense colonne di ruminanti, le quali tendevano a rinchiudersi. Tutti quegli animali parevano in preda ad un vivo terrore e galoppavano disordinatamente senza fermarsi un solo istante a brucare le grosse e succolenti erbe della prateria.

Sanchez, che diventava sempre più inquieto e che di frequente volgeva il capo verso il sud, per meglio ascoltare i fragori che venivano da quella parte, animava i suoi compagni incitandoli a spronare ed a frustare. Egli sentiva per istinto che un pericolo ben peggiore li minacciava.

Avevano percorsi altri mille passi, quando si trovarono addosso all’avanguardia dei ruminanti, la quale si era collegata colla colonna che veniva dal sud.

— Siamo chiusi nel mezzo! — esclamò il messicano, impallidendo.

— Che cosa dobbiamo fare? — chiese il marchese, che era in preda ad una viva apprensione.

Sanchez non rispose. Si era chinato verso terra ed ascoltava.

Fra i muggiti dei ruminanti, aveva udito distintamente delle grida umane.

— Abbiamo gli Indiani alle spalle, — disse. — Ho udito le loro grida.

— Verso il sud? — chiesero i compagni.

— Sì, e si appressano.

— Bisogna fuggire, — disse il marchese.