Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/8

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momento all’altro accadere e mandarlo a picco, non portava alcuno dei fanali prescritti dai regolamenti marittimi.

Degli strani discorsi s’incrociavano in lingua spagnuola fra i marinari, specialmente fra quelli che vegliavano sulla prua, abbastanza lontani dagli ufficiali che si tenevano ritti sul ponte di comando, occupati a scrutare il mare con potenti cannocchiali.

— Dimmi, Pedro, — diceva un giovinotto che masticava con visibile soddisfazione un grosso pezzo di sigaro, volgendosi verso un quartiermastro che stava appoggiato ad una piccola mitragliatrice mascherata da una coperta di tela cerata: — si approda, o si vira ancora di bordo?

— Non ne so più di te, Alonzo, — ripose l’interrogato. — È il capitano che comanda, e lui sa che cosa deve fare.

— Bel modo di navigare! Ecco due giorni che al calar del sole ci avviciniamo alla costa e che al sorger del sole si prende frettolosamente il largo. Che il capitano abbia paura della febbre gialla?

— Altro che febbre gialla! Teme qualche cosa di peggio.

— E cosa mai?

— I Brasiliani e i loro alleati.

— Bah! Il nostro valoroso presidente Solano Lopez li tiene troppo occupati perché rimanga a loro tempo di pensare a noi.

— E io ti dico che a loro preme più occuparsi ora di noi che dell’esercito del Paraguay. Sai tu cosa portiamo nella stiva?

— Trecento casse piene di vesti pei nostri soldati, ha detto il capitano.

— È qui che t’inganni.

— Abbiamo adunque un carico sospetto?

— Ottocentomila cartuccie e trentamila fucili, mio caro.

— Pei nostri bravi soldati?

— Lo hai detto, Alonzo.

— E il capitano non ce lo ha detto?

— La prudenza non è mai troppa in tempo di guerra.

— Ma credi che i Brasiliani sappiano ciò che contiene il Pilcomayo?