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il treno volante 155


Il greco ed i suoi compagni dovevano fare delle scariche per attirare l’attenzione del tedesco.

— Facciamo fuoco anche noi — disse Ottone, il quale non staccava gli sguardi dal treno aereo.

— Sì, contro gli arabi — disse il negro. — Non vedete che si avanzano? Devono aver veduto anche essi il vostro pallone e si preparano ad assalirci.

— Ah, vengono! — esclamò il tedesco furioso. — Tanto peggio per loro.

Gli arabi cominciavano ad avanzarsi attraverso i cespugli. Si vedevano i rami agitarsi in tutte le direzioni e si udivano dei gridi scattare di tratto in tratto dal folto dei cespugli.

Un momento dopo alcuni colpi di fucile rimbombavano fra le piante e alcune palle andavano a schiacciarsi contro le pietre della cinta.

— Padrone — disse il negro, — non risparmiamo le cartucce.

— Sono pronto — rispose il tedesco.

Diede un ultimo sguardo al treno aereo, il quale in quel momento passava sopra la stazione araba, ad una distanza di circa sei miglia; poi impugnò il fucile e cominciò un fuoco nutrito mirando ai cespugli.

Gli arabi intanto si erano dispersi sull’orlo della boscaglia e, appiattatisi dietro i tronchi degli alberi, avevano aperto una vivissima fucileria contro il piccolo ridotto.

Le palle fischiavano dappertutto e non di rado attraversavano la cinta, passando fra le fessure dei macigni. Vi era serio pericolo di buscarne qualcuna.

— A terra! — ordinò il tedesco. — Quei bricconi non tirano male!

Sdraiati dietro ai macigni, mantenevano anche essi un fuoco nutrito, mirando là dove vedevano innalzarsi le nuvolette di fumo.

Il tedesco udiva sovente l’arabo gridare:

— Avanti, prendiamoli prima che giunga il pallone!

I negri della stazione indugiavano a mostrarsi. La paura di finire come era finito il traditore tratteneva il loro slancio.