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il treno volante 21

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— Signori... non è un sogno?... — balbettò l’inglese. — Credevo di non dover più mai rivedere alcun volto di europeo. Quanti tormenti, in questo lungo tempo! Guardate in quale stato mi han ridotto questi crudeli negri. Dio sia ringraziato! Spero che le mie pene siano finalmente terminate.

— Vi condurremo con noi, signore — disse Matteo. — Siamo venuti da Zanzibar per salvarvi.

L’inglese guardò il greco con stupore.

— Siete venuti qui appositamente? — esclamò.

— Sì — disse Ottone.

— Chi può avervi informato della mia prigionia?

— Il vostro biglietto appeso alle corna di un’antilope.

— Bisogna credere che Dio abbia vegliato su di me — disse l’inglese, con voce commossa. — Non avrei mai creduto che quella carta attaccata da me all’antilope, che ero riuscito a prendere viva, potesse giungere fino alla costa. Signori, con quale mezzo siete giunti fin qui?

— Con un pallone — rispose Ottone.

— Con un pallone?! — esclamò l’inglese.

— E fatto costruire appositamente in Germania.

— Allora... — balbettò l’inglese, tornando a impallidire.

— Che volete dire? — chiese Matteo.

— Come farete a trasportare il tesoro che io ho promesso ai miei salvatori?

— Diteci innanzi tutto in che cosa consiste questo tesoro — disse Ottone.

— In una tonnellata e mezzo di polvere d’oro che si trova rinchiusa in una caverna e che questi stupidi negri credono priva di valore.

— Parecchi milioni di lire! — esclamò Ottone. — È un vero tesoro che noi non lasceremo qui!

— Potrete trasportare in un pallone simile peso?

— Non inquietatevi per questo. Il nostro treno aereo può caricarsi d’un peso anche maggiore.

— Mi lascerà partire il sultano? — chiese l’inglese.