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il treno volante 235


— È vero — disse l’inglese, scoraggiato. — Soltanto una mina potrebbe smuoverlo.

— Allora per noi è finita.

— Lo temo.

— Vediamo, signore — disse Matteo. — Avete esplorata tutta la caverna?

— No.

— Voi, dunque, non potete affermare che non vi sia qualche altra apertura.

— Non potrei dirlo.

— Oltre la caverna avete notato qualche altra galleria?

— Sì, mi parve d’averne veduta una.

— Andiamo ad esplorarla — disse Ottone. — Abbiamo ancora dei rami resinosi che ci serviranno a meraviglia.

— Venite — disse l’inglese.

Lasciarono la galleria e fecero ritorno nella caverna contenente il tesoro. I sedici negri si erano stesi al suolo, aspettando con rassegnazione la morte.

Essi si credevano ormai irreparabilmente perduti ed avevano rinunciato a qualsiasi tentativo, reputandolo assolutamente inutile.

— Vi è qualcuno di voi che conosca questa caverna? — chiese l’inglese.

— È la prima volta che la vediamo — rispose uno schiavo in nome di tutti.

— La esploreremo noi — disse l’inglese.

Vi erano quattro rami resinosi che ardevano piantati nelle fessure del suolo.

Ne fece spegnere tre, indi, preso il quarto, si diresse verso un angolo della caverna, dove si vedeva una specie di spaccatura.

— Ecco qui un passaggio — disse l’ingegnere. — Vedremo dove metterà.

— Che sia chiuso?

— Si fa presto a saperlo.

Alzò la torcia e guardò la fiamma. Tosto la vide piegarsi verso la caverna.