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IL TRENO VOLANTE

I.

A Zanzibar

La mattina del 15 agosto del 1900, una piccola nave a vapore, a due soli alberi, costruita in acciaio, solcava le acque dell’Oceano Indiano, accostandosi celermente all’isola di Zanzibar.

Il sole, che era spuntato da qualche ora, nonostante la leggera nebbia che ancora ondeggiava sul mare, permetteva all’equipaggio ed ai pochi passeggeri della piccola nave di distinguere, anche ad occhio nudo, quella terra promessa dell’Oceano Indiano che è l’ingresso del continente nero e che segna una tappa fra le due civiltà dell’Oriente e dell’Occidente. Dapprima erano ombre confuse che si offrivano agli sguardi curiosi, se non dei marinai, almeno dei passeggeri, e che diventavano poi presto più visibili.

Si scorgevano filari di alberi sconosciuti in Europa, poi rocce coperte di fitte verzure, quindi masse confuse che a poco a poco rivelavano agli occhi gli splendori di una grande città orientale con i suoi tetti piatti, le sue case quadrate, le sue torri massicce e dentellate, le sue cupole ed i suoi sottili campanili o minareti, come vengono chiamati dagli Zanzibaresi.

Dinanzi al porto, che s’apriva proprio di fronte alla nave, già molto vicina ormai, si delineava il palazzo del Sultano, a due piani, con terrazze e porte a grata, con le muraglie massicce, la pesante torre dell’orologio ed i vasti fabbricati, che servono d’abitazione alle mogli del monarca africano.

Più lontana appariva confusamente la città commerciale, vero emporio dove s’accumulano tutti i prodotti dell’India, dell’Europa