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96 | emilio salgari |
già arrampicati sul sicomoro — Vado a vedere i guerrieri del Niungu.
L’àncora fu liberata e il Germania si alzò maestosamente fra le grida di stupore della scorta.
— Giù la zavorra! — gridò Ottone.
Heggia e Sokol presero un sacco contenente un quintale di sabbia e lo precipitarono sulle teste dei cavalieri, mentre il Germania, con un salto improvviso, s’innalzava di quattrocento metri.
Il sultano vedendo sparire i suoi cavalieri, i quali rimpicciolivano rapidissimamente, s’era voltato verso i due europei. Aveva perduta tutta la sua sicurezza e li guardava con diffidenza e anche un po’ con terrore.
— Andiamo a vedere l’Ugogo — disse Ottone con meraviglioso sangue freddo.
Poi estraendo rapidamente una rivoltella e puntandola sul petto del monarca, gli disse con voce minacciosa:
— Làsciati ora legare senza opporre resistenza o ti faccio gettare dal pallone.
Il sultano, preso da un terrore folle, si era lasciato cadere su una cassa, dicendo con voce piagnucolosa:
— Mi avete tradito... uccidetemi. Altarik mi aveva detto che voi eravate gli alleati dei Ruga-Ruga.
— Noi non vogliamo farti alcun male — rispose Ottone, mentre Heggia e Sokol legavano per bene il disgraziato monarca e gli levavano le due pistole e la scimitarra. — Ti faremo fare un piccolo viaggio, poi ti metteremo a terra.
«Fra tre ore potrai dormire nel tuo tembè e rivedere i tuoi ministri e le tue mogli.
— Non mi consegnerete ai Ruga-Ruga?
— Altarik ha mentito. Noi non siamo gli amici del Niungu, anzi, non abbiamo mai veduto quel ladrone. Andiamo a liberare l’inglese e null’altro.
— E nemmeno mi ucciderete?
— Ti ho detto che fra poco ti metteremo a terra. Sta’ tranquillo e nulla ti verrà fatto di male.