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188 Capitolo Diciannovesimo.

Invece di tenerli rinchiusi e legati, accordavano a loro la massima libertà, non cessando però di sorvegliarli onde impedire che fuggissero.

Li nutrivano abbondantemente, onde facessero degna figura alla tavola dei capi, li fornivano di liquori e di tabacco in abbondanza.

Due giorni prima dell’epoca fissata pel supplizio, usavano dare delle feste e banchetti in onore della vittima, la quale vi prendeva parte attiva, sforzandosi di mostrarsi il più intrepido ballerino ed il più allegro di tutti.

Le donne intanto filavano espressamente le corde che dovevano legarlo, fabbricavano i vasi per cucinare le carni oppure la graticola ed i liquori che dovevano innaffiare il banchetto.

Il tupy si mostrava degno del coraggio tradizionale dei suoi compatrioti, i quali godevano fama di essere i più intrepidi guerrieri del Brasile.

Ballava con lena crescente, ridendo e scherzando cogli eimuri che lo circondavano, fingendo di non udire il canto di morte che aveva intonato la vecchia megera che portava la mazza fatale.

— Noi teniamo l’uccello pel collo, — cantava la vecchia, tentando di gettare sulle spalle del prigioniero una corda fatta a laccio. — Se tu fosti stato invece un pappagallo venuto a beccare nelle nostre campagne, saresti volato via.

Ma noi ti abbiamo ora recise le ali e ti mangeremo! —

Il guerriero allora s’interrompeva come preso da improvviso furore e rispondeva con voce tuonante:

— Voi mi mangerete, ma io ho ucciso il padre di quel guerriero che sta presso il capo e gli ho divorato il cuore. Io ho pure ucciso un capo vostro e ferito a morte suo figlio e anche quelli li abbiamo divorati. —

Era giunto nel centro della piazza, dove ardeva un gran fuoco e dove era stata già rizzata una enorme graticola formata con rami di alberi del ferro.

Il capo degli Eimuri, tutto adorno di collane e di penne di vari uccelli si avanzò verso il prigioniero, seguito da una dozzina di guerrieri e secondo l’uso lo invitò a guardare per l’ultima volta il sole, poi impugnò la mazza facendola volteggiare parecchie volte in aria per dare un saggio della sua forza e della sua abilità.

Quindi fissando sul tupy uno sguardo feroce, gli disse: