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2 Capitolo primo

— Sì, ma rimorchiando un ippopotamo. Non sono venuto in Africa per farmi divorare vivo dalle zanzare della costa entro una stanza, ma per visitare questi paesi e cacciare i grossi animali.

— E per aprire una fattoria portoghese.

— Non ancora, Alfredo. I miei commerci col Brasile mi hanno fatto abbastanza ricco da permettermi....

— Taci!...

— Un ippopotamo?...

— No... taci!... —

I due uomini che così chiacchieravano, inoltrandosi in mezzo ad una splendida vegetazione equatoriale, che li riparava dagli ultimi ma ancora ardenti raggi del sole, erano allora giunti sulle rive d’un corso d’acqua, largo tre o quattrocento passi ed ingombro d’isolotti coperti d’alte erbe e da gruppi di piccoli banani, dalle larghe foglie d’un verde vivo.

Colui che abbiamo udito chiamare Alfredo, si era bruscamente arrestato, curvandosi verso la sponda che era ingombra di paletuvieri, incrocianti in tutti i sensi i loro rami e le loro radici sporgenti dal fondo del fiume, ed aveva girato all’intorno un rapido ma acuto sguardo; mentre il suo compagno, quantunque ignorasse di che cosa si trattasse, si era levato dalla spalla una corta ma pesante carabina, una di quelle armi usate per la caccia dei grossi animali.

Il primo rimase parecchi secondi immobile, tendendo accuratamente gli orecchi e continuando ad investigare, cogli sguardi, le isolette e la sponda opposta coperta da fitti alberi, poi volgendosi verso Antao, disse:

— Mi sono ingannato di certo.

— Cosa avevi udito?...

— Mi era sembrato d’aver udito un grido che mi ricordava un certo uomo....

— Morto forse su questo fiume?...

— Sarebbe stato meglio che fosse morto allora.

— Ma che storia mi racconti?...

— Parlo d’un uomo che da quattro anni mi fa paura.

— A te!... — esclamò Antao, sorpreso. — Eh! via, tu scherzi, Alfredo. Un uomo che in America si è battuto come un leone e che ora gode fama di essere il più audace cacciatore della Costa d’Avorio, non può aver paura di un uomo.