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216 Capitolo ventinovesimo

— Gode ottima salute e vi aspetta.

— Ah!... Mio povero Bruno!... — esclamò Alfredo, con un sospiro. — Come gli sembreranno lunghe le ultime ore della sua prigionia. Credete possibile la sua liberazione?...

— Sì...

— E troverò colà anche Kalani?...

— So che qualche volta dorme nel recinto sacro, ma non sempre però.

— Si trova in città ora?

— È tornato quest’oggi, dopo d’aver raccolti gli schiavi destinati alla festa di domani.

— Di domani hai detto?

— Sì, Geletè ha paura ad indugiare. Anche ieri notte la terra ha tremato e ciò indica che i suoi avi sono malcontenti di lui e che reclamano nuove offerte di vittime umane. Questa sera si prepareranno le grandi piattaforme pel getto delle ceste.

— Canaglie, — brontolò Antao.

— Ma dove potrò assalire Kalani?... — chiese Alfredo.

— Ti consiglierei di sorprenderlo a casa sua. Domani sera tutti saranno ubriachi, anche le sue guardie e potremo introdurci nella sua abitazione con maggior facilità e ucciderlo.

— È lontana la casa di Kalani?...

— È situata nel salam vicino.

— Allora è necessario che tu non ci abbandoni più per poterci guidare.

— Rimarrò qui e vi attenderò.

— Padrone, — disse in quel momento Gamani, che vegliava presso la porta della capanna. — Un gran moce, scortato da un drappello d’amazzoni, si dirige a questa volta.

— Cosa vorrà il re da noi?... — chiese Alfredo, aggrottando la fronte.

— Vi manderà l’invito per le feste di domani, — disse il vecchio negro.

Il gran moce, giunto dinanzi alla capanna, ordinò alle amazzoni di salutare militarmente i due ambasciatori che si erano affrettati ad uscire, poi disse:

— In nome di S. M. Geletè e del principe Behanzin-Aidjeri, invito gli ambasciatori della potente nazione del Borgu alla festa dei grandi costumi che avrà luogo domani, dopo i sacrifici notturni. I principi del Borgu avranno un posto d’onore.