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La morte di Kalani 241

trovava in un angolo dell’ortaglia, semi-nascosta da un gruppo di palme.

Intanto il padre di Urada si era recato ad avvertire la figlia e Gamani ed aveva fatti entrare i cavalli, facendoli nascondere, assieme al prigioniero, sotto la tettoia.

— Urada rimanga a guardia dei prigionieri e dei cavalli, — disse Alfredo. — Uno dei vostri schiavi rimanga in sentinella dinanzi al cancello per avvertirci dell’arrivo di Kalani e gli altri mi seguano.

— Andiamo a occupare la casa? — chiese Antao.

— Sì.

— Allora prepariamoci a scaricare un’altra tempesta di pugni. Bisogna picchiare, ma senza far fracasso. —

Alfredo ed i suoi compagni, attraversata rapidamente l’ortaglia, si erano arrestati dinanzi all’abitazione di Kalani.

Era una costruzione massiccia, che somigliava un po’ al palazzo reale; ma di gran lunga più piccola, con numerose finestre somiglianti a feritoie ed il tetto piatto.

Tutto all’intorno la ombreggiava una doppia fila di maestosi sicomori, i quali dovevano nasconderla o quasi, agli occhi dei vicini abitanti.

Alcune feritoie del pianterreno erano illuminate e da quelle uscivano delle voci umane assai allegre, alternate a rumorosi scrosci di risa. Probabilmente anche gli schiavi del capo dei sacerdoti festeggiavano, con del ginepro o con della birra di sorgo, la grande giornata.

Alfredo, prima di entrare, guardò attraverso una di quelle feritoie e vide quattro negri ed una donna seduti attorno ad un rozzo tavolo coperto d’una stuoia, sul quale stavano alcuni vasi, numerose tazze e qualche bottiglia rovesciata.

Quei poveri diavoli, approfittando dell’assenza del temuto padrone, facevano un po’ di gazzarra, bevendo e ridendo.

— Quegli schiavi non sono tali da opporre resistenza, — disse Alfredo ad Antao, che lo interrogava. — Tra pochi minuti, mio fratello sarà fra le mie braccia. Armate i fucili e seguitemi. —

La porta era aperta, non occorreva quindi forzare l’entrata. I cinque uomini s’inoltrarono in punta dei piedi, per piombare d’improvviso addosso ai servi. Attraversarono dapprima una stanza oscura, procedendo con precauzione per tema di urtare contro qualche ostacolo, poi, dopo d’aver percorso uno stretto