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58 E. SALGARI

CAPITOLO VIII


Una partita a pugni


I bevitori si erano affrettati a ritirarsi, per lasciare ai due avversari uno spazio sufficiente per muoversi a loro agio, ed avevano subito intavolate delle scommesse.

I più parteggiavano per lo yankee, che doveva godere fama di essere un famoso pugilatore; pure non mancavano quelli che puntavano pel negro, la cui statura e l’enorme sviluppo del petto e delle membra, destavano una profonda ammirazione.

Tom Connaugh si fece portare un bicchiere colmo di gin, per rinvigorirsi, poi si mise di fronte all’africano, prendendo la posa classica del vero boxeur, con le braccia ripiegate sul petto per essere pronto a parare i colpi, e le gambe un po’ allargate.

Senza essere alto e grosso come l’avversario, doveva possedere un vigore poco comune come indicavano la larghezza delle spalle, il dorso poderoso e i muscoli delle braccia.

Quattro uomini si erano fatti innanzi, mettendosi due presso Tom e gli altri a fianco di Simone.

Erano i partners, ossia dei padrini improvvisati che si proponevano di regolare la partita e di aiutare i due lottatori, qualora ricevessero qualche pugno non regolare.

— Volete nulla? — chiesero quelli di Simone.

— Sì, — rispose il negro, — un cocktail per riscaldarmi un po’.

— Dategli una bottiglia di vetriolo, — disse l’americano beffardamente. — Gli farà meglio.

— Sarai tu che la berrai quando ti avrò demolito, — rispose Simone.

Vuotò d’un fiato l’ardente bevanda, fece cenno ai suoi negri di non muoversi, poi disse, rivolgendosi allo yankee:

— Quando vorrete.

Si avanzarono l’uno contro l’altro dandosi una stretta di mano, una di quelle strette all’americana che disarticolano le braccia, poi presero campo, curvi entrambi per esporre il meno possibile i loro corpi.

Tom, che forse conosceva più a fondo del negro le sottigliezze di quella terribile scuola, fu il primo ad assalire. Roteando le braccia per ingannare l’avversario, senza però allontanarle dal petto, tirò all’africano due pugni formidabili che non ebbero alcun successo.

Simone, senza scomporsi, aveva ricevuto i colpi sui poderosi muscoli dell’avambraccio, e non aveva arretrato d’un passo.