Pagina:Salgari - Un dramma nell'Oceano Pacifico.djvu/127

Da Wikisource.

il domatore di tigri. 121


mandando un potente ruggito. Con due colpi d’artiglio atterrò due uomini, poi si slanciò contro gli altri, facendo balzi di quindici piedi.

Vedendo quell’animale così feroce e così forte, i selvaggi, che ignoravano a quale razza appartenesse, non avendone mai visto uno uguale, furono presi da un superstizioso terrore che divenne ancor maggiore, quando s’accorsero che se la prendeva con loro e che sbranava quanti incontrava su’ suoi passi.

Fu un fuggi fuggi generale. Resi pazzi dallo spavento si precipitavano in mare dalle murate, dal cassero, dal castello di prua, piombando addosso ai compagni che si trovavano nei canotti e abbandonando perfino le armi. I canottieri presi anche loro dal panico, diedero mano ai remi e fuggirono disperatamente verso la costa senza fermarsi per raccogliere i nuotatori che mandavano urla acute, immaginandosi che quello strano animale si slanciasse anche in mare per sbranarli.

In pochi istanti sul ponte della Nuova Georgia non rimaneva un solo selvaggio vivo. La tigre si era incaricata di ammazzare anche i feriti, ed ora diguazzava fra il sangue dei morti, rimpinzandosi di carne umana.

— Urrah!... Urrah!... — gridarono i marinai dall’alto dei pennoni. — Viva Bill! —

Allora si aprì il boccaporto di prua che metteva nella camera comune dei marinai, e comparve il naufrago, tenendo in pugno una sciabola. Vedendo il ponte sgombro, si avanzò intrepidamente verso la gran tigre che stava stritolando fra le potenti mascelle le membra di un selvaggio.

— Bill!... Bill!... — gridarono i marinai. — Bada che la tigre ti sbranerà!... —