Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/125

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zato già per gittarmi dall’alta ripa; quando subitamente dal destro lato mi vidi duo bianchi colombi venire, e con lieto volo appoggiarsi alla fronzuta quercia, che di sovra mi stava, porgendosi in breve spazio con affettuosi mormorii mille baci dolcissimi. Dai quali io, siccome da prospero augurio, prendendo speranza di futuro bene, cominciai con più saldo consiglio a colpare me stesso del folle proponimento, che seguire voluto avea, cioè di cacciare con cruda morte reparabile amore. Nè guari in questo pensiero stato era, che io mi sentii, e non so come, sovraggiunto da quello, che di tutto ciò mi era cagione: la quale, siccome teucra della mia salute, appieno ogni cosa da occulto luogo veduto, ed udito avea. E non altrimenti, che farebbe pietosa madre nei casi del suo unico figliuolo, amorosamente piangendo, e con dolci parole ed accoglienze onestissime riconfortandomi, seppe sì ben fare, che da disperazione e da morte nella vita, e nello stato, che voi vedete, mi ricondusse. Dunque che diremo noi della ammirabile potenzia degli Dii, se non che allora in più tranquillo porto ne guidano, che con più turbata tempesta mostrano di minacciarne? Per la qual cosa, Sincero mio, se a’ raccontati casi porgi credenza alcuna, e sei uomo, come io credo, li dovresti omai riconfortare, come gli altri fanno, e sperare nelle avversità fermamente, di potere ancora con l’aita degli Dii venire in più lieto stato: che certo non può essere, che fra tanti nuvoli alcuna volta non paja il sole; e, come tu dei sapere, le cose desiate quanto con più affanno si acquistano, tanto con più diletto,