Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro primo - capitolo iv | 113 |
cilio nella maniera che era servizio della corte romana, e risoluti di non voler sentir parlare di farlo altrimenti, vennero
in deliberazione di risponder a Cesare che molto ben conoscevano l’importanza de’ tempi e quanto bisogno vi era d’un
concilio universale; quale erano prontissimi d’intimare, purché
si potesse celebrare in modo che producesse li buoni effetti,
come il bisogno ricerca; ma vedendosi nascer nuove discordie
tra lui e il re di Francia, e varie dissensioni aperte tra altri
prencipi cristiani, era necessario che quelle cessassero e li
animi si reconciliassero, prima che il concilio si convocasse.
Perché duranti le discordie non farebbe nessun buon effetto,
e meno in questo tempo presente, essendo li luterani in arme
e insuperbiti per la vittoria di Virtemberg.
Ma fu necessario metter in silenzio li ragionamenti del concilio col pontefice, perché egli cadette in una infirmitá longa e mortale, della quale anco, in fine di settembre, passò ad altra vita, con allegrezza non mediocre della corte, la quale, se ben ammirava le virtú di quello, che erano una gravitá naturale ed esemplare parsimonia e dissimulazione, odiava però maggiormente l’avarizia, durezza e crudeltá, accresciute o manifestate piú del solito, dopo che restò dall’infermitá
oppresso.
Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino - i | 8 |