Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/459

Da Wikisource.

libro sesto - capitolo viii 453


concione, disse che veramente meritava d’esser commendato d’aver insegnato anco nella simplicitá della dottrina cristiana sapersi valer della sofistica.

Degli ultimi teologi a parlare fu fra’ Antonino da Valtellina dominicano, il quale sopra gli sei ultimi articoli delli riti disse esser cosa chiara per l’istorie che ogni chiesa anticamente aveva il suo rituale particolar della messa, introdotto piú per uso e a giornata che con deliberazione e decreto; che le picciol chiese si sono accomodate alle metropolitane o vicine maggiori: il rito romano per gratificar alli pontefici è stato ricevuto in assai provincie; con tutto ciò restano ancora molte chiese con li suoi differentissimi dal romano. Discese a parlar del mozarabo, dove intervengono e cavalli e schermi alla moresca, che tutti hanno misterio e significato grande; e questo è tanto differente dal romano, che se in Italia si vedesse, non sarebbe stimato messa. Che resta ancora in Italia il rito milanese, molto differente in parti principalissime dal romano; ma esso romano ancora ha fatto mutazioni grandissime (le quali vederá chiaro chi leggerá l’antico libro che ancora resta, inscritto Ordo romanus ), e non solo nelli tempi antichi, ma anco da pochi secoli in qua. Affermò che il vero rito romano giá da trecento anni non è quello che adesso si serva dalli preti in quella cittá, ma quello che dall’ordine di san Domenico è ritenuto. Quanto alle vesti, vasi e altri apparamenti, cosí de ministri come de altari, non solo dalla lettura de’ libri, ma dalle sculture e pitture vedersi li presenti esser cosí trasformati, che se ritornassero li vecchi al mondo non li riconoscerebbono. Per il che concludeva che il ristringersi ad approvar li riti che la Chiesa romana usa potrebbe esser ripreso come una condanna dell’antichitá e degli usi delle altre chiese, e potrebbe ricever anco piú sinistre interpretazioni. Consegliò che s’attendesse all’essenzial della messa, e che di quest’altre cose non si facesse menzione. Tornò a mostrar la differenza notabile dal rito presente servato in Roma a quello che è descritto nell’Ordo romanus, e fece tra gli altri particolari grand’insistenza che in quello la comunione de’ laici fosse