Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/112

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52 lettere di fra paolo sarpi.

XVII. — A Giacomo Gillot.1


De’ miei libretti non feci mai, signor mio eccellentissimo, tanto stima, da crederli degni di esser letti dalla S. V. Troppo bene mi è nota la mediocrità dell’autore, da cui so pur troppo non potersi, per fatiche usate, far cosa che si accosti a perfezione. E nemmen del tempo a tai lavori necessario vi fu tanto che bastasse; chè l’occasione fuggevole sforzò a rispondere ex-tempore e quasi tumultuariamente a quegli scritti che gli avversari avevano, nella loro malignità, lungamente elaborati. Si aggiunge che dovè piuttosto mettersi innanzi quello che le orecchie dei più, alla superstizione aperte più del bisogno, potevano sopportare, che non quanto sarebbe stato da dirsi a rispetto del ben comune e per tornare ai buoni gradito. Contuttociò, avendo udito dal signor Fresnes che la S. V. gli avea commesso di spedirgli le cose da me scritte sulla presente controversia, lo pregai di accettare dalle mie mani medesime quelle mie debolezze. Sono già forse vent’anni, Eccellentissimo signor mio, che, fervendo le turbolenze della Francia, imparai ad ammirare coloro che si sforzavano di mantenere e difendere,


  1. Edita in latino, tra le Opere di Fra Paolo (Helmstadt ec.), VI, 1. Il Gillot fu in Parigi canonico della santa Cappella, consigliere e segretario del Parlamento e decano di Langres. Studiò e scrisse intorno al Concilio di Trento; il che dà ragione delle allusioni che si trovano anche nelle lettere a lui dirette dal Sarpi. Ebbe parte alla redazione della Satira Menippea, o Catholicon di Spagna; e fece una raccolta di trattati diversi intorno ai diritti e le libertà della chiesa gallicana.