Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/16

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viii fra paolo sarpi.

tadini, l’acume della sperienza psicologica dovea penetrare ne’ costumi e ne’ caratteri degli uomini in tutte le relazioni sociali. Ma la casuistica de’ frati impedì alla scienza dell’uomo di germogliare in questo ferace terreno. Non avemmo nè i Montaigne nè i Pascal nè i Labruyère; e parve poi un gran che, che Pietro Verri e Gasparo Gozzi si dessero a imitare, magna vestigia prementes, gli Addison e gli Steele.


III.


Il Sarpi si può paragonare a Pascal in un’altra qualità nobilissima dello stile, l’ironia; ch’è privilegio degl’ingegni squisiti nell’epoche civili e riflessive quando sia guasto in alcun elemento della civiltà, e sia mestieri tòrre ai malvagi la pelle della volpe sotto a cui si nascondono, e coll’ironia persuadere alle moltitudini incuranti, quantunque curiosissime, il vero: ridendo dicere verum. L’ironia del Sarpi non è immaginosa come quella di Luciano, tutto informato della purezza dell’arte greca, e che ne’ suoi Dialoghi che riguardano le superstizioni o le imposture filosofiche, ne porge come l’ultimo frutto della semenza socratica. I molti sarcasmi di Socrate contro i sofisti, e contro gl’Iddii di Omero e i loro creduli divoti, che trovi nelle divine pagine di Platone o negli schietti Ricordi di Xenofonte, sono l’antico retaggio che si tolse a sminuzzare il Samosateno, come portava