Pagina:Satire (Giovenale).djvu/39

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prefazione xxxix

chi lo disse un ardentissimo repubblicano, chi un indifferente, e chi un dispregiator degli Dei.1

Non vi sono bastanti argomenti a tagliar di netto questa disputa; ma ve ne sono anche troppi per mostrare che il giudizio sì degli uni come degli altri pecca d’esagerazione. Dire che Giovenale, come Tacito e Persio, che formano insieme la gran triade letteraria della decadenza latina, sono di principj repubblicani, è riferire all’antichità le idee e le distinzioni proprie della politica moderna. A Roma in quel tempo, come osserva giustamente un acuto scrittore francese,2 non potea esser quistione di scelta tra la repubblica e la monarchìa, perchè vera monarchìa non esisteva. L’impero avea conservato tutte le forme e istituzioni repubblicane: e se il potere si trovava nelle mani di un solo, di ciò nessuno avea ragion di lagnarsi: primieramente, perchè anche sotto la repubblica non erano stati rari li esempj della somma autorità data ad un solo; in secondo luogo, perchè oramai quasi tutti erano venuti nella persuasione, che a reggere in unità un così vasto impero era necessario un sol capo. E però li stessi cospiratori, come Cherea, Vindice e tutti gli altri, non pensarono mai a rovesciare l’impero, ma soltanto a migliorare il governo. Quindi sarà giusto il dire che Giovenale fu repubblicano, se

  1. D. Nisard, Etudes sur les poètes latins de la decadence.
  2. Martha.