Pagina:Satire (Persio).djvu/91

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dictata. v. 33. — Non è inverosimile che qui Persio punga di furto la vanità del poeta Nerone, i cui versi per adulazione leggevansi nelle scuole dai pedagoghi. E i versi d’un poeta in trono son sempre bellissimi, arcibellissimi.

quid non intus habet. non hic etc. v. 50. — Qui pure i commentatori, nemine excepto, si sono stillati il cervello in traccia del vero senso, dal verso quid non intus fino all’O Jane, a tergo; ed hanno ottenebrato questo passo mirabilmente. Una delle precipue fonti dell’oscurità del nostro poeta procede dall’ommissione, in lui quasi perpetua, delle parole intermedie che incatenano un sentimento coll’altro, e non solo delle parole, ma pur delle idee, tacendo egli sempre quelle che formano conseguenza necessaria e spontanea, nella mente almeno di ogni culto lettore. Le quali ommissioni si suppliscono molte volte dal recitante col tuono della voce, coll’azione, col gesto; e di tale sussidio abbisognano tutte le satire, ma più quelle di Persio tendenti molto al drammatico. Dal difetto di questi anelli intermedi scaturendo adunque in gran parte il buio di cui tanto ci lamentiamo, reputo obbligazione, necessità d’ogni traduttore amante della chiarezza il supplirli, ogni volta che la connessione de’ sentimenti lo chiegga; ma il supplemento sia rapido, e tale che non isnervi la precisione del testo, o ne tradisca lo spirito. Lo Stelluti e il Silvestri, che in queste brevi lagune gettano perpetuamente tre e quattro versi del proprio per riempirle, han fatto di Persio una liscivia, un brodo lungo che stomaca. Il Salvini all’opposito che fa sempre le sue traduzioni col vocabolario alla mano, e non bada nè a chiarezza d’idee, nè a sceltezza di termini, il Salvini ci ha regalato un volgarizzamento di Persio assai più tenebroso del testo: e queste sono le ammirate sue fedeltà. Di che modo io mi sia governato fra queste secche, lo vedrà il lettore per se medesimo, nè mi accuserà, spero, di avervi aggiunto troppo del mio, se noterà che gran parte della presente versione duramente vincolata al patibolo della terza rima, è costantemente più corta della Salviniana, sciolta d’ogni legame. Il che piacemi d’annotare.

veratro. v. 51. — Persio fa spesso menzione dell’elleboro. Io ne farò quì un motto per tutte le future occorrenze. L’elleboro altrimenti veratro, quasi virus atrum per la sua violenza catartica, aveva voce presso gli antichi di ottima medicina per la pazzìa. Quindi il