Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/168

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CAPITOLO VENTUNESIMO

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due ghiotti a un desco.



Alcuni, tra la gente che andava gironzando pei portici, scagliaron sassi dietro Eumolpione, ma egli che sapeva gli applausi che si facevano a’ suoi talenti coprissi il capo, e scappò fuori del tempio. Io ebbi paura che me pure non chiamasser poeta, e perciò tenendo dietro al fuggitivo arrivai sulla riva, e tostochè potei trattenermi fuor del tiro de’ strali, così gli richiesi: dimmi: tu sei stato meco men di due ore, e mi hai parlato più da poeta che da uomo: non istupisco se il popolo ti accoglie a sassate: io pure provvederò di ciottoli le mie saccoccie, onde ogni fiata che tu sorta di cervello io ti tragga un po’ di sangue dal capo.

Fece egli un brutto ceffo e rispose: o figliuol mio, non è oggi la prima volta ch’io son trattato così: anzi quand’io vo’ sul teatro a recitare qualche cosa, suolmi assai di frequente toccar questi incerti. Ma affine che