Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/239

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GAPITOLO TRENTESIMOPRIMO.

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suffumigi ed incantagioni.



Da tutte queste cose agitato io non era a dir vero assai presente a me medesimo, nè sapea giustamente ciò che mi parlassi. A che, diceva io, richiamare alla memoria cose passate, e ancor disgustose? alla fine nulla trascurai onde rimettere i nervi. Volli persino far voti agli Dei: sortii quindi per supplicare Priapo, e comunque andar potesse la cosa, feci apparenza di confidarne, e inginocchiatomi sulla porta così pregai:


Compagno delle ninfe e di Lieo,
    Tu, che la bella Venere fe’ nume
    Delle selve abbondanti: a cui si inchina
    L’inclita Lesbo, e la feconda Taso:
    5Tu che dai Lidj dalle lunghe vesti
    Se’ venerato, e ti sacraro il tempio
    Sopra l'Ipepo: o guardian di Bacco,
    O piacer delle Driadi, qui vieni
    E le timide mie preghiere accogli.
    10Non io cosperso di uman sangue vengo,
    Nè contra i templi l’inimica destra
    Empio vibrai; ma poverino e guasto