Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/79

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nuovi furti e baratterie 23


Poichè Ascilto intatto riconobbe il deposito, o il venditore imbecille, tirommi alquanto in disparte, e sì mi disse: sai tu, fratello, che il tesoro cagion de’ miei lagni ci è ritornato? quella è la veste, ancor, come parmi, di tutto l’oro fornita. Che farem dunque, e con qual dritto ricupereremo la roba nostra?

Io consolatomi, non solo in rivedere il bottino, ma sì pure per essere dalla fortuna liberato di un vergognoso sospetto, dissi che non conveniva operar con raggiro, ma apertamente e in via giudiziaria, cosicchè s’ei negasse di rendere l’altrui roba al padrone, venisse citato a comparire.


    Che giovan leggi, ove sol regna l’oro,
    Nè il pover uom vi può mai prevalere;
    3Vendon persino a prezzo i voti loro
    Quei che a cinica mensa usan sedere;
    Son le sentenze un pubblico mercato,
    6E i traffici ne approva il Magistrato.


Ascilto all’incontro avea timor delle leggi, e diceva: chi è che qui ci conosca? Chi ci crederà? A me piace comperare addirittura, benchè la sappiam cosa nostra, e con pochi soldi ricuperare un tesoro, anzi che esporci alla incertezza di una lite. Ma appena due lire, e qualche monetuccia avevam noi da prenderci quattro lupini. Acciò adunque non ci sfuggisse la preda, trovammo meglio di vendere la valdrappa a minor prezzo, acciò il minor guadagno da un lato compensasse la perdita dall’altro.

Appena tuttavia la merce nostra ebbimo esposta, che la donna dal capo velato venuta col villano, osservatine attentamente i contrassegni, ne afferrò a due mani la frangia, e ad alta voce gridò, che avea trovato i ladri.

Noi dall’altra parte turbati, e per non parere stor-