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cause di tutti i fenomeni con prove che non lasciano luogo ad alcun dubbio, esortò anche gli altri ad osservare e ad investigare dopo di lui, dicendo non esser impossibile che col tempo alcuno aggiunga qualche cosa alle osservazioni sue, sì com’egli alcune cose aggiunse agli studi d’Ipparco e di altri. Tanta infatti è la maestà di questa scienza ampia e celeste, che nessuno la può tutta intiera abbracciare esattamente. Perciò ho composto questo libro, nel quale, spiegando le cose difficili e i principi astrusi della scienza, ne resi agevole la via a quelli che vorranno studiarla e seguirla. Ho corretto i luoghi ed i movimenti degli astri nell’eclittica come ho trovato dall’osservazione, dal calcolo delle eclissi e da altre adatte operazioni, ed ho aggiunto altre cose necessarie. Per trovare i luoghi degli astri ho aggiunto le tavole, adattate al meridiano di Rakkah, nella quale furon fatte le osservazioni occorrenti a determinare tutto ciò. E così sia, a Dio piacendo; perchè soltanto presso Dio possiamo trovare aiuto».

Al pari di molti altri astronomi arabi, Albatenio fece uso di strumenti assai più grandi e più perfetti di quelli di cui si ha memoria presso i Greci. Se è vero ch’egli fosse figlio di un celebre meccanico, non gli sarà mancata l’occasione di addestrarsi molto bene nel maneggio degli strumenti, se non forse nella loro stessa costruzione. Per le altezze meridiane sembra che lo strumento da lui preferito fosse l’Alhidada longa ossia il triquetro parallattico al modo di Tolomeo, equivalente, com’egli assicura, ad un circolo del diametro di 10 cubiti. Inoltre egli si serviva di un quadrante murale del raggio di due cubiti. Il tempo egli lo determinava di notte coll’altezza di stelle conosciute, di giorno coll’aiuto di un orologio orizzontale o verticale. Dell’abilità sua nell’inventare nuovi strumenti è documento notevole l’elegante astrolabio munito di globo celeste, che è descritto da p. 139 a p. 141 e figurato a p. 320. Con questi apparati così perfetti non solo Albatenio superò di gran lunga i Greci in precisione, ma riuscì a determinazioni anche più esatte che quelle degli astronomi del califfo Almamun, le quali non sembra fossero conosciute da lui, sebbene precedessero le sue di mezzo secolo soltanto. Mediante le altezze meridiane del Sole misurate al triquetro determinò l’obliquità dell’eclittica in 23° 35’, la quale, riferita all’anno 880 non dà che un errore di 26" rispetto al calcolo dei moderni. Ancora col medesimo strumento egli riuscì a determinare gli equinozi entro una o due ore di tempo. La