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100 all’erta, sentinella!

Ma nel cuore di Cecilia Gigli, nel materno, profondo cuore di Cecilia, non viveva che una sola pietà, quella pel suo bambino. Ella nulla vedeva e sentiva di quello che le accadeva d’intorno, altro che il cruccio di quella gola ammalata, rossa d’infiammazione, bianca di pustolette che si riproducevano sempre implacabilmente.

Aveva scacciato il mondo fuori di quella stanzuccia e se ne rammentava: del mondo in cui viveva solo per odiarlo, solo per crederlo causa della malattia del bimbo; se ne rammentava nelle lunghe ore notturne, quando la voce delle sentinelle impediva il riposo di suo figlio e le ricordava che abitava una galera. Ma fuori di questo, la sua tenerezza, la sua bontà, tutti i più forti suoi sentimenti di donna e di madre erano riassunti nel figliuolo suo. Nulla le importava di chi si potea aggirare, inquieto sulla sorte del bimbo, nulla di chi chiedeva pietosamente di lui, nulla di chi potea struggersi dal desiderio di vederlo. Fra il suo mondo e il bimbo, vi era lei, la madre, misticamente dotata, la cui forza magnetica, il cui amore impetuoso, la cui volontà ardente solo avrebbe potuto salvarlo. La sua anima era immersa in una continua, disperata preghiera, ella era tutta una invocazione a Dio. Niente altro. Dio — e nessun altro.

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Il bambino aveva alternative di bene e di male da otto giorni. Talvolta l’infiammazione della gola