Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/228

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224 scuola normale femminile


come tirava il punto: e la gobba dal mento peloso, ne guardò la parrucca con un disprezzo profondo. Sulla porta, la marchesa, con voce cattedratica, pronunziò un fervorino, ricordando a quelle fanciulle che la loro triste condizione le obbligava a fare le maestre, che non avessero la superbia di credersi indipendenti e libere e che cercassero di conciliarsi la indulgenza delle persone importanti e rispettabili, le quali si sacrificavano per loro, per loro che in fondo erano tante ingrate.

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La faccia di De Vincentiis era molto arcigna, quel giorno. Con la primavera, gli umori acri gli avevano assalito gli occhi e lo avevano costretto a non smettere mai gli occhiali azzurri: e i dolori dell’artrite, erano penetrati nelle ossa. Egli zoppicava, appoggiandosi ad un bastone, tutto avvolto in un grosso cappotto di lana, con una sciarpa di lana al collo e alle mani, i guanti di castoro foderati di flanella: per la contrazione nervosa, il lungo pizzo pepe e sale si muoveva. Ma le ragazze non ne avevano molta paura, quel giorno: la lunga e difficile lezione sulla radice quadrata, tutte o quasi tutte la sapevano, tanto egli l’aveva chiaramente spiegata, con la sua precisione di matematico. E per la importanza della lezione da dover dire e per vederlo così affannato, così malaticcio, una certa sicurezza mista di pietà nasceva nel loro animo: sicurezza che poco tempo sarebbe a lui rimasto per spiegare la nuova lezione e che forse, non sentendosi bene, non ne avrebbe neppure profittato. Questo le rincorava, perchè se avesse assegnato molta roba nuova, per due giorni dopo, giammai avrebbero potuto impa-