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156 La Conquista di Roma

scriveva il proprio nome e quello del deputato che desiderava vedere: e come costui, ve ne erano sempre cinque o sei che scrivevano sulle piccole schede. Dall’altra parte del banco, gli uscieri, in uniforme, col petto coperto di medaglie, con una fascia tricolore al braccio, teste calve, teste canute, andavano e venivano, portando via, a cinque a cinque, quelle schede, comparendo dietro una porta, che per certi corridoi dava accesso all’aula. Soddisfatto, colui che aveva mandata di là la sua richiesta si metteva a passeggiare, o, se vi era posto, a sedere, senza impazienza, anzi con una certa sicurezza presuntuosa. La porta sacra si schiudeva, e un usciere ricompariva, con varie schede tra le mani: tutti alzavano il capo e tendevano l’orecchio.

«Chi ha cercato l’onorevole Parodi?» gridava l’usciere.

«Io,» rispondeva una voce tra la folla degli aspettanti.

«Non vi è.»

«Avete cercato bene?» insisteva la voce, un vecchio col naso rosso e fiorito, con certe labbra grosse e pavonazze.