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368 La Conquista di Roma

e guardò quei grandi flotti oscuri di gente, da cui saliva un rombo come di vulcano.

«Come si divertono, laggiù!» ella mormorò melanconicamente.

Egli l’aspettava, tenendosi indietro, preso da un senso d’impazienza.

«Venite via,» le disse.

Ella voltò le spalle alla città, internandosi con lui nel grande viale a sinistra; e guardava in terra, come se pensasse profondamente.

«Nessuno, nessuno,» diss’ella, come sollevata. «È una fortuna che sia carnevale. La gente impazzisce. Non preferireste voi essere laggiù?...»

«Come potete credere...» cominciò lui, addolorato.

«Non posso più credere in molte cose,» susurrò ella, come se parlasse a sè stessa.

«Siete così buona: io non so dirvi nulla: risparmiatemi,» la pregò lui, con l’umiltà del cristiano innanzi l’immagine benedetta.

«Ho da dirvi delle cose tristi, amico,» disse ella, con la sua bella voce dolente.

«Non oggi, non oggi, domani, un altro giorno...»