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432 La Conquista di Roma

era per lui così femminilmente beatificante, che alla fine della serata egli era vinto: nella sua debolezza, mentalmente, le chiedeva perdono di averle serbato rancore.

Ma, ogni tanto, ella si rammentava del povero solitario che l’aspettava, chiuso in una casa, in quella primavera crescente, che era così dolce godere per le vie di Roma e per le sue ville e pei suoi colli fioriti. Ella capitava a Piazza di Spagna, improvvisamente, in un’ora imprevista, la mattina alle dieci, alle sette della sera, quando egli era per uscire, non aspettandola più: una volta, con una di quelle lunghissime piogge di maggio fra i primi lampi della elettricità estiva, elle venne. Così, per il suo arrivo imprevisto, donn’Angelica dava sempre una scossa profonda all’anima di Sangiorgio: egli non si poteva abituare a quelle visite, fatte quando non aveva più speranza di riceverle, quando era immerso nell’abbattimento della delusione o in quell’ebetismo che hanno gli esseri assorbiti da un sol pensiero; la sazietà non arrivava per lui, poichè ogni nuova apparizione di donn’Angelica gli sembrava una grazia singolare, una gemma del suo tesoro spirituale. E quando ella veniva, in